lunedì 4 dicembre 2006

Grizzly Man

Mi piace esordire con un post trionfante. Per parlare di Werner Herzog e del suo "Grizzly Man". Mi piace quindi essere esaltato da questo suo ultimo lavoro. Un documentario sulla vita di Timothy Treadwell: un idealista disturbato che decide che nella sua esistenza la cosa più importante è passare il suo tempo in compagnia degli Orsi dell'Alaska.
Purtroppo la sua non sarà una bella fine. Nell'ottobre del 2003 Treadwell e la sua compagna vengono azzannati da un enorme Grizzly e uccisi tragicamente.

Treadwell aveva deciso di passare dieci anni in questa terra desolata a contatto con gli animali e "immedesimarsi" (o"farsi animale") per proteggere ed entrare in confidenza - vivendo e lasciandosi trasportare -dalla loro vita e farseli amici.
Tutto questo rientra perfettamente nelle tematiche sulle "missioni impossibili" Herzoghiane. E in tutta quella passione che Herzog ha per certi personaggi che prima di sfidare se' stessi vorrebbero sfidare la natura, ribellarsi alle regole che la natura stessa impone per raggiungere degli stati di soddisfazione interiore.
Ed è proprio il mondo interiore che ne esce, l'aspetto più affascinante di questo documentario. Un film che non è solo una riflessione sulla natura, sul rapporto tra gli animali e l'uomo, ma è uno splendido omaggio ai paesaggi incontaminati dell'Alaska: la storia di un uomo forse distrutto psicologicamente che vivendo un'esistenza vuota e compromettente, ha deciso di autoannullarsi per una causa contraddittoria e fantastica accampato in una tenda per mesi e mesi senza contatti con l'uomo.
La vita di una specie di "eroe" che non voleva altro che stimolare la sua follia e renderla visibile al mondo.

Herzog ci racconta tutto questo con un senso dell'osservazione a dir poco spettacolare. Tralasciando la singola tensione, l'emozione che ogni scena (girata anche dallo stesso Treadwell che ha vissuto a contatto quasi "morboso" con la sua telecamera) evoca, Herzog continua a raccontare situazioni estreme di uomini soli. Soli come i nani di "Anche i nani hanno cominciato da piccoli", soli come Brian Sweeney Fitzgerald detto "Fitzcarraldo", come Aguirre o come Kaspar Hauser. Esistenze isolate raccontate con freddezza e distacco ma anche spunti di riflessione filosofica sulla natura, sulle continue insidie che essa genera.
I momenti che questa pellicola evoca sono a tratti superlativi. Dalle riprese aeree girate dallo stesso Herzog, fino ai piccoli momenti quotidiani girati da Treadwell a contatto con orsi e altri animali.

“Molti mi descrivono come un regista che filma dei pazzi o degli storpi, ma non è vero. Una persona come Kaspar Hauser [o come Timothy Treadwell ndr] non è un emarginato. È uno che esteriorizza la propria dignità di uomo in modo così radicale, che si può pensare che sia l’uomo attorno a cui girano tutte le cose.”

Questa frase di Herzog cerca invece di sintetizzare il suo punto di vista. Herzog ama -credo- i suoi personaggi perchè relegati dall'umanità, ma in fondo tenta di esaltarli ad uomini titanici , rendendoli degli esseri umani che vanno oltre superando qualsiasi soglia. Anche se fatale.

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