Dopo aver visto la sua ultima opera: "L'amico di famiglia" le mie opinioni su Sorrentino non fanno altro che confermarsi.
Non che ci volesse molto a capirlo. Le sue opere si sono sempre dimostrate simili e inutilmente ripetitive; e la sua pur breve carriera è abbastanza semplificativa e facile all'analisi. "L'uomo in più", film del 2001, racconto di vite che si congiungono con un cantante fallito e un calciatore a fine carriera, dimostra già gli intenti di questo autore cresciuto nella scuola napoletana. ( che ha fatto crescere autori come Antonio Capuano, Pappi Corsicato, Mario Martone e appunto lo stesso Sorrentino).
Sorrentino è un autore che crede molto nella messa in scena, nello stile prima di tutto e prima di qualsiasi contenuto. Un "napoletano" che monta i suoi film e costruisce il senso narrativo di una piccola scena partendo dalle musiche, dalla forma, dal virtuosismo fine a se' stesso. I film di Sorrentino girano intorno allo stesso tema: raccontare la quotidianità e il continuo calarsi negli incubi di personaggi che conducono un'esistenza estrema, ripetitiva e ossessiva. Delle tematiche esistenziali che però rasentano spesso il vuoto cinematografico.
Sorrentino è infatti bravo a muoversi con la macchina da presa e costruisce sempre inquadrature lineari e mai banali, ma manca sempre della stessa qualità: il riuscire a dare respiro ai suoi personaggi. Che sia il Titta di Girolamo de "Le conseguenze dell'amore" o il Geremia de "L'amico di famiglia".
Nella sua ultima opera Sorrentino tenta di calarsi in quelle atmosfere degradate dei paesini sperduti che tanto sono state care a Garrone nel suo "L'imbalsamatore", mancando però di molte delle qualità che sono state care a Garrone : la sobrietà della recitazione, lo stile, il contenuto.
Sorrentino di fatto non è ancora riuscito ad imparare ad essere poco presente , palesando quel narcisismo cinematografico che circonda sempre le sue opere: un voler essere cineasta solo ed esclusivamente con la fotografia che osa, con un montaggio (curato dal "genio" Giogiò Franchini) che tenta di apparire iper-visibile e risulta essere alla lunga faticoso o - per usare un termine improprio - quasi "extradiegetico".
Non posso fare altro che usare la parola "Bluff", quando mi trovo a parlare di Sorrentino. E non sarà certo questo il momento di esimermi.
mercoledì 29 novembre 2006
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